Approfondiamo l’argomento prendendo in esame ed esponendo i risultati in particolare di un singolo studio, che ci sembrano quelli più attinenti nonché in grado di esporre in maniera nitida e precisa la totale differenza: ci riferiamo alla metanalisi condotta e diretta da Julie Shilis, una ricercatrice al New York Obesity Research Center Nutrition presso il Saint Luke’s – Roosevelt Hospital Center.
Una parte dei soggetti chiamati a partecipare alla ricerca empirica erano spinti a condurre una determinata routine che constava nella riduzione netta delle ore di sonno prodotte (netta proprio al fine di avere risultati nel più breve tempo possibile oltre che generare dimostrazioni lampanti di fronte a contesti e situazioni completamente differenti ed diametralmente opposte): erano invitati a dormire solo per quattro ore di sonno per un lasso di tempo minimale pari a due notti consecutive.
I risultati sono stati non tanto sorprendenti, in quanto non hanno fatto altro che confermare la tesi iniziale per la quale è stata proposta tale ricerca, avvalorandola: i livelli ematici di grelina (e di conseguenza la sensazione di fame accumulata) infatti erano alterati e saliti fino ad un plus del 28% rispetto al livello di misurazione antecedente, inoltre hanno esibito una percentuale pari al 18% in meno di leptina (ci riferiamo alla sensazione di sazietà) rispetto ai valori riscontrati negli organismi dei soggetti che avevano dormito per un margine di tempo maggiormente ampio pari a 10 ore.
Il medesimo studio quindi ha rilevato due percezioni differenti in base agli elementi che sono stati variati nelle condizioni dei soggetti del gruppo A e del gruppo B, difatti anche le loro testimonianze mantenevano fede ai risultati delle analisi, coloro che avevano dormito meno comunicavano le proprie sensazioni e asserivano di “provare una sensazione di fame e di appetito significativamente aumentata rispetto allo stadio precedente in cui rispettavano il ritmo richiesto per l’organismo di un uomo adulto” e così è stato: precisamente per il 24% (grelina) e per il 23% (leptina).
Sostenevano che la tendenza ad essere orientati verso alimenti ad alto contenuto calorico fosse aumentata, forse tali considerazioni nascono dal fatto ovvio che nelle ore notturne è più immediato, facile e celere accedere a cibi meno salutari e confezionati piuttosto che mettersi ai fornelli a preparare un pasto sostanzioso, inoltre il rischio maggiore sarebbe anche quello di mangiare eccessivamente la sera proprio per i ridotti livelli di leptina, il punto è proprio questo: non si può arrivare ad un livello marginale di sazietà che possa essere in grado di contrastare il senso di fame.