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Il "Sonno Pandemico"

sonno pandemico

Premessa

Buongiorno cari utenti, oggi vogliamo affrontare un problema molto articolato nonché molto comune, in particolare tra la maggiorparte dei lavoratori: studi scientifici hanno dimostrato l’incidenza della pandemia e il suo ruolo fondamentale nel cambiamento delle abitudini degli interessati. Le conseguenze generate dal covid19 e dalle restrizioni in quel periodo vigenti hanno quindi apportato notevoli e differenti situazioni che non andrebbero sottovalutate in quanto potrebbero sfociare in veri e propri disturbi, varie complicanze nella gestione dei rapporti interpersonali ed anche delle dinamiche lavorative, sebbene ad ogni modo in questa sede terremo in considerazione esclusivamente la parte riguardante il sonno ed il dormire bene.

Abbiamo pensato di effettuare un approfondimento al fine di comprendere al meglio le modalità in cui sono mutate le nostre abitudini, specie in termini di dormi-veglia e di sonno rigenerante effettivo.

A livello percettivo è implicito e molto naturale pensare che i disturbi legati al sonno, come per esempio l’insonnia e tutto ciò che ne comporta abbiano subito chiaramente un aumento nel corso della pandemia.

La terminologia “sonno pandemico” è stata avanzata proprio per indicare ed identificare il gruppo di tali risvolti: alcune dichiarazioni fanno leva sulla diversificazione del sonno a livello quantitativo sottolineando che in realtà, in una condizione di smart-working, le persone riuscivano a dormire maggiormente trovandosi in loco, di conseguenza l’accumulo di stanchezza motoria era minore; altre persone ancora invece, di contro, hanno mutato la propria quotidianità in modo più netto, lo stress e l’ansia hanno generato una conseguenza più rilevante sul ritmo e sul mantenimento del proprio sonno.

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Le Ricerche Scientifiche

Le varie ipotesi sono state confermate da ricerche scientifiche avanzate in varie aree geografiche, che riportiamo di seguito, analizzandole:

  • dal 3 aprile al 24 giugno 2020 venne effettuato un sondaggio nel territorio canadese. Figuravano più di 5000 soggetti di età compresa tra i 16 ed i 95 anni. Venne stilato un questionario contenenti degli interrogativi circa le abitudini collegate al sonno e i loro mutamenti: una percentuale pari all’8% hanno condiviso la loro testimonianza e sottolineato quanto fossero aumentate le vendite di alcuni sonniferi (un incremento del 40%). I sonniferi, in una fase di impossibilità (dettata da vari motivi) a conciliare il sonno, garantiscono una blanda occasione che consente di produrlo. Il lato negativo della loro assunzione, o comunque di alcuni di essi, è la dipendenza che possono generare;
  • Alcune persone hanno riscontrato delle difficoltà non solo nelle ore notturne, ma anche in quelle diurne: potrebbe presentarsi un deficit di concentrazione, carenza di memoria, sbalzi di umore, variazioni comportamentali, proprio dettati dalla mancanza di una dormita rigenerante. Una considerazione a cui si è arrivati grazie all’osservazione di Rebecca Robillard (insegnante e ricercatrice presso l’Università di Ottawa) è che anche il livello di jet lag sociale non è bilanciato, oltre ovviamente alla qualità e alla durata del sonno stesso. Cosa si intende con il concetto di “jet lag sociale”? Si suole definire il contrasto, il dislivello, tra le tempistiche oggettive in qualche modo imposte, pretese o comunque veicolate dalla società in cui viviamo, in qualche modo seguite necessariamente per una questione di aspettative da realizzare, e le tempistiche soggettive che il nostro corpo possiede e sfrutta al fine di ricaricare le proprie energie, più comunemente conosciuto come il cosiddetto “orologio biologico” (pensiamo a quanto a livello fisico e psichico ne risentiamo per effetto del fuso orario);
  • Anche in Italia è stato effettuato uno studio articolato basato sulle medesime deduzioni, ideato e portato avanti dal Dottor Giuseppe Plazzi, il Direttore del Centro per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno dell’Ospedale Bellaria di Bologna e Presidente dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno. Il Dott. Plazzi ha avuto modo di partecipare al congresso della Società Italiana di Neurologia, sostenendo il suo discorso attraverso la rassegna di alcuni studi pubblicati su riviste specialistiche quali “Jama Open” e “The Lancet Psychiatry”. I due articoli contenenti le ricerche vertevano sulle seguenti considerazioni: studio 1) partendo da un campionamento pari a 60000 persone che hanno contratto il Covid, esse hanno riscontrato episodi di insonnia, studio 2) l’insonnia una volta apparsa non scompare in modo rapido, anzi le varie fasi di veglia tendono ad accumularsi e ad aumentare;
  • Un’altra pubblicazione ricollegata al Dottor Plazzi, sulla Rivista “Frontiers of Psychology”, evidenzia come la routine susseguitasi nel corso di eventuali quarantene ed in generale della pandemia tarda ad essere abbattuta in quanto persino un riposo pomeridiano diventa una delle necessità basilari, per cui molte persone prima non percepivano sonnolenza, ma nel corso e in seguito alla pandemia sentono quella forte esigenza di dormire durante il giorno. Questo dettaglio ha colpito in particolare le donne, ma ancor di più gli infanti: l’avvento della didattica a distanza contenente diverse pause scandite in minuti differenti rispetto all’orario scolastico effettivo che vige quando si è in presenza, ha apportato una percezione diversa del tempo, molti ragazzi si addormentano tardi la sera. Questo fattore non è l’unico evento discriminante generato: problemi alimentari, difficoltà nell’instaurare un dialogo e tutto ciò che ne comporta in modo negativo. Vorremmo spendere due parole in più circa la variazione del ritmo circadiano. che consiste nelle variazioni cicliche che ogni giorno coinvolgono le nostre attività biologiche. Ma cos’è esattamente il ciclo circadiano/l’orologio biologico? Questo concetto è un lascito latino equivalente a “circa diem” ovvero “intorno al giorno”: la terminologia stessa ci spinge in modo spontaneo a pensare che in concretezza si tratti di ciò che accade al nostro corpo in 24 ore, in relazione anche alle azioni che facciamo (giornate in cui siamo più attivi, giornate in cui lo siamo di meno) e si sintetizza nel considerare elementi quali temperatura corporea, muscolatura, frequenza cardiaca, pressione arteriosa;
  • La solitudine percepita e dettata dal contesto e dalle circostanze, ha apportato una cambiamento comportamentale ed anche degli stati d’animo altalenanti agli studenti universitari fuori sede: si tratta del lato psicologico celato dietro ad ogni evento sociale al quale nessuno presta la dovuta attenzione. Sul “Journal of Neurology” è stato pubblicato lo studio dedicato a questo “dettaglio”. Uno studio promosso dal San Raffaele di Milano, condotto su 307 studenti e 93 assistenti, sottoposti ad un questionario preparato da psicologi e neurologi del Centro del Sonno dell’Ospedale e supervisionato dal Prof. Luigi Ferini Strambi. Le conclusioni e le diversificazioni in percentuale derivanti dallo studio: solo il 15% ha percepito un’ottimizzazione del ritmo sonno-veglia, per tutti gli altri il posticipo dell’orario di addormentamento e di risveglio ha avuto una percezione negativa; un altro dato rilevato è che molte persone prima del lockdown (il 39%cc) facevano fatica ad addormentarsi, in seguito al lockdown la percentuale è salita di netto fino al 55%; così come la frequenza di ritrovarsi di fronte ad una persona insonne: i soggetti che soffrono di insonnia sono passati dal 24% al 40%.
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Fonti:

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2020.574475/full

https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(20)30462-4/fulltext

https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2772563

https://www.hsr.it/news/2020/luglio/ricerca-lockdown-sonno

 

Cosa ne pensi di questo articolo? Il Centro Permaflex Calabria spera possa esserti stato d’aiuto…

Inoltre, quale materasso saresti propenso/a a scegliere? Faccelo sapere lasciando un commento, se ti và! 

A presto!